Nuove categorie dell’Albo Gestori Ambientali. 4bis e 2ter (parte prima)

L’Albo Nazionale Gestori Ambientali si arricchisce di due nuove categorie che vanno a disciplinare in maniera specifica due settori del trasporto di rifiuti e mira a rendere maggiormente tracciabili rifiuti trasportati.

Come sappiamo bene, la tracciabilità dei rifiuti riveste un ruolo importante sul nostro territorio. Per i rifiuti oggetto di queste due categorie l’importanza è duplice. Da un lato abbiamo quella legata alla anzidetta tracciabilità dei rifiuti, dall’altra abbiamo quella legata al voler economico dei rifiuti metallici.

Perché è importate tracciare i rifiuti raccolti?

Le imprese coinvolte dalla categoria 4-bis, di cui parleremo in questo articolo, sono perlopiù piccole imprese, ditte individuali che raccolgono metalli dai privati o lungo le vie urbane.

Le imprese senza autorizzazione che raccolgono rifiuti e li conferiscono negli impianti generato due problematiche non indifferenti.

Da un lato l’assoluta mancanza di tracciabilità dei rifiuti (problema ambientale riassumibile in: Dove finiscono i nostri rifiuti?), dall’altra, la generazione di un mercato nero. Se i rifiuti non sono tracciati ed è difficile farli conferire in un impianto come puoi fatturarli? Spesso le manovre poste in atto per aggirare il problema rendono il percorso di indagine più complesso ma alla fine gli organi di vigilanza sono in grado di ricostruire l’intero percorso.

Gli impianti sappiamo essere soggetti ad autorizzazione e pertanto hanno l’obbligo di monitorare ingressi ed uscite in termini documentali e di peso del rifiuto.

D’altro canto però bisogna osservare che piccole imprese che avessero voluto stipulare operare in questo settore rischiavano spesso di essere fuori mercato a causa dei costi di gestione della propria impresa più elevati di chi invece nulla aveva da dichiarare.

Ecco quindi che nasce la categoria 4-bis. Questa viene in soccorso di piccoli imprenditori che vogliono (e devono da ora) mettersi in regola ed autorizzare i propri automezzi. Fortunatamente non è una categoria ordinaria con i relativi costi ed adempimenti che in passato hanno scoraggiato chi voleva intraprendere questo settore, ma è una semplificata e quindi consente un facile accesso al mercato con pochissime risorse.

Vediamo ora nel dettaglio cosa permette di fare la categoria 4-bis

Con la delibera 2 del 24 Aprile 2018, l’Albo Nazionale Gestori Ambientali, istituisce formalmente la categoria 4-bis per le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi costituiti da metalli ferrosi e non ferrosi.

La delibera è in applicazione di quanto previsto dall’articolo 1 comma 124 della Legge 4 Agosto 2017 che dispone la individuazione di modalità semplificate per l’esercizio dell’attività di raccolta e trasporto di rifiuti costituiti da metalli ferrosi e non ferrosi.

Innanzitutto è opportuno sottolineare che l’iscrizione in categoria 4-bis esclusa la contemporanea iscrizione nelle altre categorie dell’Albo relative al trasporto di rifiuti.

Requisiti per l’iscrizione:

  • Le imprese devono essere iscritte al registro delle imprese o al REA come imprese per l’attività di commercio all’ingrosso di rottami metalli con codice ATECO 46.77.10;
  • Le imprese che intendono iscriversi alla categoria 4-bis devono avere i seguenti requisiti;
    • Essere cittadini italiani o cittadini di Stati membri della UE o cittadini di un altro Stato, a condizione che quest’ultimo riconosca analogo diritti ai cittadini italiani;
    • Siano iscritti al registro delle imprese o al repertorio economico amministrativo, ad eccezione delle imprese individuali che vi provvederanno successivamente all’iscrizione all’Albo, o in analoghi registri dello Stato di residenza, ove previsto;
    • Non siano in stato di interdizione o inabilitazione ovvero in interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
    • Non abbiano riportato condanna passata in giudicato, anche ai sensi dell’articolo 444 del C.P. e anche qualora sia intervenuta l’estinzione di ogni effetto penale della stessa o sia stato concesso il condono della pensa, nei seguenti:
      • Condanna a pena detentiva per reati previsti dalle norme a tutela dell’ambiente, ivi incluse le norme a tutela della salute, le norme in materia edilizia e in materia urbanistica;
      • Condanna alla reclusione per un tempo superiore ad un anno per delitti non colposi;
    • Siano in regola con gli obblighi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella dello stato di residenza;
    • Non sussistono nei loro confronti le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all’articolo 67 del D.Lgs. 159 del 6 Settembre 2011;
    • Non si trovino, in sede di prima iscrizione, in stato di liquidazione o siano, comunque, soggetti ad una procedura concorsuale o a qualsiasi altra situazione equivalente secondo la legislazione straniera;
    • Non abbiano reso false dichiarazione o compiuto falsificazioni nel fornire le informazioni richieste
  • Dimostrare la disponibilità di un veicolo o di non più di due veicoli immatricolati ad uso proprio la cui portata utile non superi complessivamente 3,5 tonnellate.

Ai fini dell’iscrizione i codici CER che possono essere trasportati, fino ad un massimo annuale di 400 tonnellate sono:

CER
Descrizione
020110
Rifiuti metallici
120101
Limatura e trucioli di metalli ferrosi
120103
Limatura, scaglie e polveri di metalli non ferrosi (limitatamente ai rifiuti non pulverulenti)
120121
Corpi di utensile e materiale di rettifica esauriti, diversi da quelli di cui alla voce 120120
120199
Rifiuti ferrosi e non ferrosi
150104
Imballaggi metallici
170401
Rame, bronzo, ottone
170402
Alluminio
170403
Piombo
170404
Zinco
170405
Ferro e acciaio
170406
Stagno
170407
Metalli misti
170411
Cavi diversi da quelli di cui alla voce 170410
200140
Metalli
200307
Rifiuti ingombranti (limitatamente ai rifiuti in metallo)

 

Per poter iscrivere la propria impresa in categoria 4-bis, la procedura è telematica ed occorre autocertificare l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati.

Costi per l’iscrizione

Diritti di segreteria: 10, 00 €

Diritti annuali di iscrizione: 50,00 €

Marche da bollo: 32,00 €

Tassa di concessione governativa: 168,00 €

 

Per informazioni e supporto al fine di poter iscrivere la propria impresa all’Albo Nazionale Gestori Ambientali potete contattarci telefonicamente o a mezzo mail.

Ambiente & Rifiuti – Consulenza Tecnica per la gestione dei Vostri rifiuti

Ing. Vito la Forgia – v.laforgia@ambiente-rifiuti.com

AEE o non AEE…dal 15 Agosto questo è il problema

RAEE, la rivoluzione è dietro l’angolo? Non proprio, scopriamo il perché insieme.

In questi ultimi mesi si sente parlare tanto di “Open Scope” per i RAEE. Ma cosa è di preciso? Perchè fa notizia?

In questo articolo vogliamo aiutarti a capirci qualcosa in più così da poter orientare la tua azienda e le tue decisioni nel modo corretto, adempiendo ai nuovi obblighi normativi che decoreranno dal 15 Agosto 2018.

Il riferimento normativo che occorre leggere è il D.Lgs. 49/2014 che abroga quasi completamente il D.Lgs. 151/2005 e disciplina il campo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e conseguentemente anche la gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici ormai conosciuti ampiamente con l’acronimo RAEE.

A far data dal 15 Agosto 2018 entra in vigore il “campo aperto” (Open Scope) di applicazione del D.Lgs. 49/2014 come già previsto dalla direttiva 2012/19/UE.

Ci sarà un vera rivoluzione nel settore dei RAEE? Non proprio, ma è vero che alcune cose cambiano ed è bene essere informati ed aggiornati sull’argomento per trovarsi preparati.

Partiamo dai fondamentali. La definizione di Apparecchiature Elettrica ed elettronica non cambia rispetto a quanto già conosciamo.

AEE: Apparecchiature che dipendono, per un corretto funzionamento, da correnti elettriche o da campi elettromagnetici e le apparecchiature di generazione, trasferimento e misurazione di queste correnti e campi  e progettate per essere usate con una tensione non superiore a 1000 volt per la corrente alternata e a 1500 volt per la corrente continua.

RAEE: Rifiuti di apparecchiature elettrice o elettroniche che sono rifiuti ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 152/2006, inclusi tutti i componenti, sottoinsiemi e materiali di consumo che sono parte integrante del prodotto al momento in cui il detentore si disfi, abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsene.

Ciò che cambia realmente a partire dal 15 Agosto 2018 lo si evince nella relazione  COM(2017) 171 final del 18 Aprile 2017 nel riesame del campo di applicazione della direttiva 2012/19/UE sui RAEE: Le modifiche, apportate all’ambito di applicazione riguardano il passaggio dalle attuali 10 categorie dell’allegato 1 della nuova direttiva RAEE alle 6 nuove categorie dell’allegato III, che includono due categorie “aperte” relative alle apparecchiature di grandi e piccole dimensioni ed evidenzia che la nuova direttiva disciplina tutte le categorie di AEE che rientrano nell’ambito di applicazione della vecchia direttiva e che il fatto di “rendere aperto” l’ambito di applicazione dovrebbe permettere di eliminare  i problemi risultanti dalla diversa classificazione dei prodotti operata negli Stati membri.

Quindi che succede?

Per chi ha avuto modo di leggere integralmente il D.Lgs 49/2014 si sarà reso conto che vi erano degli allegati, i quali hanno una importanza rilevante nell’applicazione del decreto stesso. A partire dal 15  agosto 2018 l’allegato I del D.Lgs. 49/2014 che contiene le classiche dieci categorie di AEE ed una loro descrizione puntuale, viene sostituito dall’allegato III che ne contiene solo sei. Si riducono così le tipologie di AEE? Assolutamente no. Le sei categorie sono ora molto più generiche (open scope per l’appunto) come è possibile vedere:

Allegato III del D.Lgs. 49/2014

Categorie di AEE, rientranti nell’ambito di applicazione del presente decreto nel periodo indicato nell’articolo 2, comma 1 , lettera b).

  1. Apparecchiature per lo scambio di temperatura;
  2. Schermi, monitor ed apparecchiature dotate di schermi con una superficie superiore a 100 cmq;
  3. Lampade;
  4. Apparecchiature di grnadi dimensioni (con almeno una dimensione esterna superiore a 50 cm), compresi, ma non solo:
    1. Elettrodomestici;
    2. Apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni;
    3. Apparecchiature di consumo;
    4. Lampadari;
    5. Apparecchiature per riprodurre suoni o immagini;
    6. Apparecchiature musicali;
    7. Strumenti elettrici ed elettronici;
    8. Giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport;
    9. Dispositivi medici;
    10. Strumenti di monitoraggio e di controllo;
    11. Distributori automatici;

Apparecchiature per la generazione di corrente elettrica. Questa categoria non include le apparecchiature appartenenti alle categorie 1,2 e 3;

  1. Apparecchiature di piccole dimensioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm), compresi ma non solo:
    1. Apparecchiature di consumo;
    2. Lampadari;
    3. Apparecchiature per riprodurre suoni o immagini;
    4. Apparecchiature musicali;
    5. Strumenti elettrici ed elettronici;
    6. Giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport;
    7. Dispositivi medici;
    8. Strumenti di monitoraggio e di controllo;
    9. Distributori automatici;
    10. Apparecchiature per la generazione di corrente elettrica.

Questa categoria non include le apparecchiature appartenenti alle categorie 1,2,3 e 6.

 

  1. Piccole apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm).

Come si può osservare l’elenco è più generico, rispetto al precedente, ed abbraccia la quasi totalità delle apparecchiature elettriche ed elettroniche in commercio. Ciò si traduce di conseguenza in un maggior numero di prodotti che potrebbero rientrare nell’ambito di applicazione del decreto. Tale conseguenza risolve un problema che spesso si presenta per il quale un produttore che non riusciva ad inquadrare un suo prodotto tra le AEE, secondo le definizioni dell’allegato oggi vigente, presenti nelle dieci categorie dell’allegato I, non faceva rientrare il suo prodotto tra le AEE che quindi veniva posto al di fuori del campo di applicazione del D.Lgs. 49/2014. Di conseguenza queste apparecchiature non rientravano nel circuito dei RAEE quando giungevano a fine vita (vero solo per alcuni aspetti della filiera).

Con il nuovo elenco il problema viene praticamente risolto in quanto ogni dispositivo che rispetta la definizione di AEE viene a trovarsi obbligatoriamente in una delle 6 categorie in quanto, se il prodotto non dovesse risultare compatibile con nessuna delle prime tre categorie potrà sicuramente rientrare in una delle ultime tre, facendo queste ultime riferimento in modo prescrittivo soltanto ai parametri dimensioni.

Da ciò ne discende che certamente ci sarà un incremento delle quantità i AEE immesse sul mercato e di conseguenza dei RAEE che verranno raccolti quando questi prodotti giungeranno a fine vita.

E’ questo il vero dato che ha fatto notizia, e le implicazioni sono notevoli in termini economici. Certo non assisteremo ad una rivoluzione del settore ma avremo dei dati di raccolta più precisi in quanto l’intero mondo dei RAEE sarà finalmente inquadrato.

Riprendiamo ora la definizione di RAEE per esaminare più da vicino un aspetto particolare.

RAEE: Rifiuti di apparecchiature elettrice o elettroniche che sono rifiuti ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 152/2006, inclusi tutti i componenti, sottoinsiemi e materiali di consumo che sono parte integrante del prodotto al momento in cui il detentore si disfi, abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsene.

Stabilito che i RAEE sono rifiuti che rispondono a quanto riportato nell’articolo 183 comma 1 lettera a) del D.Lgs. 152/2006, si può osservare che la definizione racchiude anche:

  • I componenti
  • I sottoinsiemi
  • E materiali di consumo

Questi sono parte integrante del prodotto nel momento in cui esso diventa un rifiuto, anche se sono aggiunti successivamente e di altri produttori.

Il componente è una parte costituente del dispositivo che non può essere fisicamente diviso in parti più piccole senza perdere la sua particolare funzione. Tra i componenti rientrano quegli oggetti che, quando assemblati, permettono ad una AEE di lavorare correttamente. Sono esclusi dalla definizione quei componenti che sono immessi sul mercato per fabbricare o riparare apparecchiature elettriche ed elettroniche a meno che non abbiano una funzione indipendente.

 

 

 

 

 

 

Esempio: I cavi elettrici utilizzati per il cablaggio delle apparecchiature non sono AEE perché richiedono altri elementi per poter svolgere la loro funzione (occorrono dei connettori per poter trasferire la corrente).

Al contrario, rimanendo sul tema dei cavi elettrici, una prolunga è un AEE in quanto non necessità di altri componenti per svolgere la propria funzione.

L’argomento necessita ovviamente di un approfondimento maggiore, ed ancora di più questo ultimo aspetto che abbiamo appena accennato. Auspichiamo di riuscire a darvi prima del 15 Agosto 2018 alcuni dettagli in più in merito in quanto restano aperte ancora alcune tematiche che necessitano di una chiara indicazione al fine di evitare confusione.

Ambiente & Rifiuti – Consulenza Tecnica per la gestione dei vostri rifiuti

Ing. Vito la Forgia – v.laforgia@ambiente-rifiuti.com

Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti

Nei precedenti articoli abbiamo più volte scritto di  quanto sia importante classificare correttamente i propri rifiuti. Lo avete fatto? Avete seguito i nostri consigli? Alcuni lo hanno fatto affidandosi ai nostri servizi di consulenza divenendo così nostri clienti, altri lo hanno fatto in autonomia ma ciò che importa davvero è essere certi di aver adempiuto ai propri obblighi.

Cosa comporta classificare correttamente i propri rifiuti?

La classificazione è un obbligo normativo che pende sulla testa del produttore di rifiuti.

Quest’ultimo, come già riportato nel D.Lgs. 152/2006 all’art. 183 comma 1 lett f) è Il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore).

Da questa definizione ne discende facilmente che ogni singola impresa si trova nella condizione di poter essere considerata produttore del rifiuto in quanto non vi sono attività che non producono rifiuti.

Nel momento in cui un rifiuto viene prodotto questo deve essere classificato (e caratterizzato) al fine di poter attribuire correttamente il codice CER ed individuare, se pericoloso, le relative caratteristiche di pericolo.

Ancora una volta ricordiamo che far attribuire al trasportatore o all’intermediario il codice CER non è una prassi corretta e che in ogni caso eventuali responsabilità derivanti da un’errata classificazione del rifiuto e conseguente scorretta gestione dello stesso, ricadono unicamente sul produttore.

Siete ancora così sicuri di volervi affidare al trasportatore di fiducia?

Ciò premesso, la classificazione del rifiuto ha delle implicazioni molto importanti, quali ad esempio:

  • Individuazione del trasportatore autorizzato a gestirlo
  • Individuazione dell’impianto autorizzato a gestirlo
  • Costi di smaltimento
  • Tenuta dei registri di carico e scarico
  • Iscrizione al SISTRI
  • Etichettatura ed imballaggi a norma

Sono cose di poco conto? No. Queste voci incidono notevolmente sul costo di gestione di un rifiuto.

La corretta gestione dei vostri rifiuti può comportare anche una riduzione dei costi.

Obiettivo di questo articolo è quello di sottolineare l’importanza della corretta classificazione dei rifiuti anche alla luce della Comunicazione CE 2018/C – 124/01 “Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti”

La comunicazione ha come obiettivo quello di fornire orientamenti tecnici su alcuni aspetti della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti (direttiva quadro sui rifiuti) e della decisione 2000/532/CE della Commissione relativa all’elenco dei rifiuti (elenco dei rifiuti) come modificate nel 2014 e nel 2017.

In particolare la Comunicazione fornisce chiarimenti ed orientamenti alle autorità nazionali e locali ed alle imprese riguardo la corretta interpretazione della normativa europea in materia di classificazione dei rifiuti e l’individuazione delle corrette caratteristiche di pericolo, valutando se i rifiuti presentano qualche caratteristica di pericolo e, in ultima analisi, classificando quindi i rifiuti come pericolosi o non pericolosi.

Come già accennato in precedenza, la classificazione dei rifiuti come pericolosi o non pericolosi ha delle ricadute importanti sotto un punto di vista tecnico-burocratico-economico dal momento in cui vengono prodotti al momento in cui vengono conferiti all’impianto di trattamento finale.

Quando un rifiuto viene classificato come pericoloso scattano automaticamente una serie di obblighi ai quali il produttore deve adempiere. Primo fra tutti, ad esempio, quelli in materia di etichettatura ed imballaggio ma non solo, basti pensare al SISTRI, ADR, registri di carico e scarico, deposito temporaneo, apprestamenti per la sicurezza ecc…

Come si può osservare le implicazioni non sono poche e classificare un rifiuto come pericoloso quando invece non lo è nel tentativo di voler “risparmiare” nell’eseguire tutti i passaggi che prevede la norma per la corretta classificazione e caratterizzazione del rifiuto, può comportare invece l’effetto opposto esponendo addirittura il produttore del rifiuto, e quindi l’impresa, al rischio di sanzioni per mancato adempimento delle norme relative alla gestione dei rifiuti pericolosi.

Ancora così convinti che classificare un rifiuto come pericoloso per evitare analisi di processo e di laboratorio sia così conveniente?

L’aggiornamento normativo che consegue alla Comunicazione oggetto del presente articolo, che prende in considerazione anche i cambiamenti tecnici avvenuti nel corso degli anni nel contesto delle normative europee sulle sostanze chimiche, pone però delle sfide, interessanti da un lato ed critiche dall’altro, alle autorità ed all’industria italiana.

Questo documento per l’appunto vuole essere un primo strumento per aiutare i gestioni dei rifiuti e le autorità competenti ad avere un approccio comune alla caratterizzazione ed alla classificazione dei rifiuti.

Entrando nel vivo del documento, la Comunicazione è composta da 3 capitoli e 4 allegati.

– il capitolo 1 fornisce un contesto generale per la classificazione dei rifiuti, nonché istruzioni su come leggere gli orientamenti;

– il capitolo 2 presenta brevemente le parti pertinenti della normativa UE in materia di rifiuti, sottolineandone la rilevanza per la definizione e la classificazione dei rifiuti (pericolosi);

– il capitolo 3 presenta le fasi generali della classificazione dei rifiuti evidenziando i concetti fondamentali, ma senza entrare troppo nel dettaglio.

– l’allegato 1 fornisce informazioni sull’elenco dei rifiuti e sulla selezione delle voci appropriate dell’elenco dei rifiuti;

– l’allegato 2 presenta le diverse fonti di informazione sulle sostanze pericolose e la loro classificazione;

– l’allegato 3 descrive i principi per la valutazione delle singole caratteristiche di pericolo da HP 1 a HP 15;

– l’allegato 4 riprende i concetti fondamentali e fa riferimento alle norme e ai metodi disponibili per quanto concerne il campionamento dei rifiuti e le analisi chimiche dei rifiuti.

Tralasciando al momento i primi due capitoli che lasciamo al lettore il compito di approfondirli in autonomia, ci dedichiamo al capitolo 3.

 

 

 

 

Il capitolo 3 fornisce le modalità di approccio alla classificazione dei rifiuti.

La valutazione e la classificazione dei rifiuti sono applicate a ciascun flusso di rifiuti distinto generato da un singolo produttore, a seguito dell’ottenimento di un campione rappresentativo. Laddove sia presente più di un tipo di rifiuti, ciascuno di essi va valutato separatamente. Ciò assicura che singoli elementi o lotti di rifiuti pericolosi:

  • Non vengano classificati erroneamente come non pericolosi tramite miscelazione (o diluizione) degli stessi con altri rifiuti;
  • Siano identificati in maniera tempestiva per evitare che siano miscelati con altri rifiuti, ad esempio in un bidone, in un sacco, in un cumulo o in un cassone;

Soltanto i rifiuti urbani non differenziati generati da nuclei domestici sono esentati da tali prescrizioni.

Quali sono le fasi da affrontare per la classificazione dei rifiuti?

Fase 1

Innanzitutto si deve stabilire se la sostanza o l’oggetto in questione siano rifiuti così come definitivi nella direttiva quadro sui rifiuti-

Determinare se l’oggetto o la sostanza in questione siano considerati rifiuti ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti è una condizione preliminare per l’ulteriore valutazione della loro pericolosità. Ai fini di tale specifica valutazione, gli orientamenti sulla direttiva quadro sui rifiuti forniscono indicazioni sulla definizione fondamentale del concetto di “scartare/disfarsi” nel contesto di detta direttiva, nonché su nozioni correlate sempre nel quadro della stessa direttiva quali ad esempio “sottoprodotto” e “cessazione della qualifica di rifiuto”;

Effettuata questa prima valutazione, si dovrà verificare se alcuni flussi di rifiuti specificati siano esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva quadro sui rifiuti.

A titolo esplicativo riportiamo lo schema di esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva:

Direttiva 2008/98/CE

Articolo 2– Esclusioni dall’ambito di applicazione

  1. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva:
  2. effluenti gassosi emessi in atmosfera;
  3. terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non escavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno;
  4. suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito in cui è stato escavato;
  5. rifiuti radioattivi;
  6. materiali esplosivi in disuso;
  7. materie fecali, se non contemplate dal paragrafo 2, lettera b), paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati nell’attività agricola, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana.
  8. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva nella misura in cui sono contemplati da altra normativa comunitaria:
  9. acque di scarico;
  10. sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;
  11. carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;
  12. rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento e dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave contemplati dalla direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive.
  13. Fatti salvi gli obblighi risultanti da altre normative comunitarie pertinenti, sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli, se è provato che i sedimenti non sono pericolosi.
  14. Disposizioni specifiche particolari o complementari a quelle della presente direttiva per disciplinare la gestione di determinate categorie di rifiuti possono essere fissate da direttive particolari.

Queste valutazioni conducono all’esaurimento della fase 1 riportata nello schema di seguito.

 

 

 

 

Fase 2

La fase 2 è relativa alla attribuzione della voce del Catalogo Europeo dei rifiuti.

Dalla classificazione, seguendo le istruzioni riportate nell’allegato D alla parte IV del D.Lgs. 152/2006, il produttore dovrebbe essere in grado di individuare il codice CER di pertinenza del rifiuto prodotto.

Da ciò ne discende che il produttore dovrebbe essere in grado di stabile se la voce da applicare è “di pericolo assoluto” o “di non pericolo assoluto” o “voce specchio”.

E’ sufficiente? No.

Il produttore che individua una voce di pericolo assoluto dovrebbe essere in grado di attribuire anche le caratteristiche di pericolo al proprio rifiuto. Tale operazione ricordiamo che non è arbitraria e che non si può svolgere estraendo a caso una o più HP da assegnare al rifiuto ma occorre seguire una metodologia ben precisa.

Allo stesso modo, se il rifiuto è classificato come “voce specchio” è necessario effettuare una ulteriore valutazione per comprende se il rifiuto sia pericoloso o meno.

L’analisi approfondita della voce a specchio ci conduce alle fasi 3, 4 e 5 riportate nello schema.

 

 

 

 

 

 

 

Fase 3

L’ottenimento di informazioni sufficienti sulla presenza e sul tenore di sostanze pericolose nei rifiuti costituisce una fase importante della classificazione dei rifiuti al fine di poter stabilire se gli stessi possono presentare caratteristiche di pericolo da HP1 a HP15. A tale fine sono necessarie talune informazioni sulla composizione dei rifiuti, indipendentemente dal metodo scelto per assegnare le caratteristiche di pericolo (calcolo o prove) come descritto nella fase 4.

Esistono modi diversi per raccogliere informazioni sulla composizione pertinente dei rifiuti, sulle sostanze pericolose presenti e sulle potenziali caratteristiche di pericolo presentate dagli stessi:

—  informazioni sulla chimica/sul processo di fabbricazione che «generano rifiuti» e sulle relative sostanze in ingresso e intermedie, inclusi i pareri di esperti (fonti utili possono essere relazioni BREF, manuali dei processi industriali, descrizioni dei processi ed elenchi di materiali di ingresso forniti dal produttore, ecc.);

—  informazioni fornite dal produttore originario della sostanza o dell’oggetto prima che questi diventassero rifiuti, ad esempio schede di dati di sicurezza, etichetta del prodotto o schede di prodotto;

—  banche dati sulle analisi dei rifiuti disponibili a livello di Stati membri;

—  campionamento e analisi chimica dei rifiuti .

Una volta raccolte le informazioni sulla composizione dei rifiuti, è possibile valutare se le sostanze identificate sono  classificate come pericolose, ossia se alle stesse è assegnato un codice di indicazione di pericolo. Al fine di determinare se le sostanze contenute sono classificate come pericolose e per saperne di più sulle classi e sulle categorie di pericolo specifiche attribuite alle sostanze a norma del regolamento CLP, fare riferimento agli orientamenti  forniti nell’allegato 2 della Comunicazione.

Fase 4

Una volta completata la fase 3, si dovrebbe disporre di informazioni sufficienti sulla composizione pertinente dei rifiuti in esame. Ciò significa che si dispone di conoscenze sufficienti in merito alle sostanze pericolose contenute nei rifiuti e alla loro classificazione (ad esempio se alle stesse sono attribuiti codici di indicazione di pericolo pertinenti a norma del regolamento CLP) tali per cui sia possibile applicare almeno uno dei seguenti metodi atti a determinare se i rifiuti presentano caratteristiche di pericolo:

—  calcolo per stabilire se le sostanze presenti nei rifiuti in esame presentano valori uguali o superiori ai limiti di soglia  basati sui codici di indicazione di pericolo (che dipendono individualmente dalle proprietà da HP4 a HP14;

—  prove atte a stabilire se i rifiuti presentano caratteristiche di pericolo o no.

L’allegato 3 fornisce una descrizione dettagliata e orientamenti sulle modalità di valutazione delle singole caratteristiche  di pericolo da HP1 a HP15, tramite calcolo o prove.

Caratteristiche di pericolo

HP1 Esplosivo

HP2 Comburenti

HP3 Infiammabile

HP4 Irritante – Irritazione cutanea e lesioni oculari

HP5 Tossicità specifica per organi bersaglio (STOT, Specific Target Organ Toxicity)/Tossicità in caso di aspi­

razione

HP6 Tossicità acuta

HP7 Cancerogeno

HP8 Corrosivo

HP9 Infettivo

HP10 Tossico per la riproduzione

HP11 Mutageno

HP12 Liberazione di gas a tossicità acuta

HP13 Sensibilizzante

HP14 Sostanze ecotossiche

HP15 Rifiuto che non possiede direttamente una delle caratteristiche di pericolo summenzionate ma può manifestarla successivamente

Fase 5

Si giunge infine alla fase 5, ultima fase della classificazione dei rifiuti come pericolosi o non pericolosi che consiste nel determinate se i rifiuti contengano uno qualsiasi dei POP indicati nell’allegato dell’elenco dei rifiuti.

Come si può osservare dall’estratto della Comunicazione di cui abbiamo riportato i passaggi salienti, la classificazione dei rifiuti è un’operazione molto più complessa della semplice assegnazione  di un codice CER ad un rifiuto fatta sfogliando il catalogo europeo dei rifiuti ma richiede uno studio meticoloso ed attento che spesso vede coinvolte più discipline.

Se siete arrivati in fondo a questo articolo vuol dire che avete preso coscienza dell’importanza della corretta gestione dei vostri rifiuti e che avete compreso come la loro gestione partecipi attivamente al bilancio aziendale. E’ pertanto importante restare sempre aggiornati sull’evoluzione normativa al fine di essere certi di aver classificato e caratterizzato correttamente i vostri rifiuti.

Non è più possibile applicare la regola del “abbiam sempre fatto così” poiché le imprese si evolvono, i processi tecnologici variano, la normativa si evolve ed occorre adeguarsi sia per poter verificare se è possibile ottenere un risparmio dalla gestione dei propri rifiuti sia per essere certi di aver adempiuto a ciò che impone la normativa sia nel rispetto dell’ambiente e della sicurezza dell’Uomo.

Al seguente link potete scaricare il testo della Comunicazione CE 2018/C-124/01

Ambiente & Rifiuti – Consulenza Tecnica per la corretta gestione dei vostri rifiuti

Ing. Vito la Forgia – v.laforgia@ambiente-rifiuti.com