Stante la sentenza della corte di cassazione del 3 Febbraio 2016 n. 8652, il titolare di un’impresa o di un ente, è colpevole del reato di gestione illecita di rifiuti nel caso in cui i propri dipendenti abbiano abbandonato rifiuti, a causa di omessa vigilanza.
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Nell’ambito della gestione dei rifiuti, come sappiamo, tutti i soggetti della filiera rispondono in modo solidale in caso di scorretta gestione dei rifiuti. E’ quanto ribadito nella Sentenza della Corte di Cassazione n.11617 del 20 marzo 2024 che fa emergere in modo netto quanto ormai noto nel settore in tema di controlli a monte e a valle della filiera.
Ogni soggetto della filiera è responsabile, sia da un punto di vista normativo (D.Lgs. 152/06) che da un punto di vista prescrittivo (autorizzazioni/iscrizioni ANGA), non solo della regolarità delle operazioni da essi posta in essere ma anche del soggetto/i che lo precede e del soggetto/i che lo segue.
Tale responsabilità si concretizza nell’accertamento della conformità dei rifiuti (classificazione da parte del Produttore), del possesso delle autorizzazioni ed iscrizioni dei trasportatori, intermediari ed impianti che partecipano alla gestione dei rifiuti e della verifica della regolarità dei formulari di identificazione dei rifiuti.
Ciò vuol dire che ogni soggetto della filiera avrà la necessità ed obbligo di dare evidenza di ogni passaggio eseguito nello svolgimento delle proprie attività.
Il Produttore pertanto dovrà dare evidenza di avvenuta classificazione dei rifiuti e verifica delle autorizzazioni dei soggetti dei quali si avvarrà nel corso delle attività di gestione dei rifiuti. Verifica questa che, come sempre consigliamo, dovrà essere effettuata già all’atto della sigla del contratto di servizio e non a valle del conferimento.
Il Trasportatore, intermediario ed impianto di destino sono chiamati a verificare che effettivamente il Produttore abbia provveduto ad effettuare la classificazione dei rifiuti, mediante evidenza documentale (scheda di classificazione, scheda di omologa), e che i soggetti attivi della filiera siano in possesso delle autorizzazioni superando anche quell’anomalia che spesso si verifica secondo la quale le autorizzazioni degli impianti siano ritenute “private” da taluni impianti di stoccaggio/trattamento evidenziando una lacuna grave dal punto di vista delle proprie responsabilità e del fatto che le autorizzazioni sono “pubbliche” in quanto la gestione stessa dei rifiuti è ritenuta, per legge, “di interessa pubblico” (art. 177 D.Lgs. 152/06).
“I soggetti che partecipano alla filiera di gestione dei rifiuti non rispondono solo della regolarità del proprio operato ma anche dei soggetti che li precedono e che li seguono (o li seguiranno) nella filiera, in quanto tutti sono tenuti al controllo reciproco”.
In relazione al tema della confisca del profitto del reato, di cui all’art. 452-quaterdecies del Codice Penale, la sentenza afferma che tale profitto non può essere ricondotto alla nozione di “utile netto”. Infatti, la confisca va riferita a tutto ciò che consegue, in via diretta senza tenere in considerazione i costi sostenuti.
Infine, sempre la sentenza indica che, nei casi di reati plurisoggettivi vige il principio solidaristico. Laddove non sia possibile individuare la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascuna concorrente o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo deve essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno.
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