Interpello Centri di Raccolta Comunali – risponde il MASE

In data 3/05/2023 il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha dato risposta all’istanza di interpello della Città Metropolitana di Genova in merito ai seguenti aspetti:

Se presso i centri di raccolta, così come definiti dall’art. 183 comma 1, lett. mm) del D.Lgs. 152/2006, l’attività di raggruppamento possa interessare rifiuti provenienti da altri centri di raccolta, anche di comuni diversi da quelli del centro di raccolta dove viene effettuato il raggruppamento, o se, al contrario sia obbligatorio da parte di un centro di raccolta, a valle del raggruppamento effettuato a seguito del solo conferimento dei rifiuti da parte della raccolta operata nel territorio di riferimento o da parte dei detentori privati, effettuare il conferimento diretto ad un impianto autorizzato per il trattamento e recupero dei rifiuti.

Il quesito posto è molto interessante per chi si occupa di rifiuti urbani e di centri di raccolta e la risposta del MASE offre un punto di vista autentico su come debba essere gestita la situazione descritta nel quesito stesso al fine di evitare errori di gestione.

 

Il MASE ha argomentato il proprio riscontro partendo dai seguenti riferimenti normativi:

  • l’art. 183, comma 1, lettera mm) definisce il “centro di raccolta” come “area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l’attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata , di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
  • l’art. 196, comma 1, lettera b) che, tra i compiti della Regione in materia di rifiuti, riporta: “la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti (…)”;
  • M. 8 aprile 2008, come modificato dal D.M. 13 maggio 2009 e dal d.lgs. 116/2020, recante la disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato come previsto dall’articolo 183, comma 1, lettera cc) del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152, e successive modifiche, ed il particolare:
    • l’art. 1, nell’individuare il campo di applicazione, specifica che i centri di raccolta comunali o intercomunali “sono costituiti da aree presidiate ed allestite ove si svolge unicamente attività di raccolta, mediante raggruppamento per frazioni omogenee per il trasporto agli impianti di recupero, trattamento e, per le frazioni non recuperabili, di smaltimento, dei rifiuti urbani e assimilati elencati in allegato I, paragrafo 4.2, conferiti in maniera differenziata rispettivamente dalle utenze domestiche e non domestiche, nonché dagli altri soggetti tenuti in base alle vigenti normative settoriali al ritiro di specifiche tipologie di rifiuti dalle utenze domestiche”;
    • l’art. 2, comma 1, stabilisce che la realizzazione o l’adeguamento dei centri di raccolta deve essere eseguito “in conformità con la normativa vigente in materia urbanistica ed edilizia e il Comune territorialmente competente ne dà comunicazione alla Regione e alla Provincia”.
    • l’art. 2, comma 2, stabilisce che i centri di raccolta siano allestiti e gestiti in conformità alle disposizioni dell’Allegato I che costituisce parte integrante del decreto;
    • l’Allegato I al punto 4.2 riporta l’elenco delle tipologie di rifiuti che possono essere conferite nei centri di raccolta;
    • l’Allegato I al punto 7, stabilisce che “la durata del deposito di ciascuna frazione merceologica conferita al centro di raccolta non deve essere superiore a tre mesi”.

Ciò premesso, come sappiamo, i soggetti abilitati al conferimento presso i centri di raccolta sono:

  • utenze domestiche e non domestiche (anche attraverso il gestore del servizio pubblico) produttrici di rifiuti urbani e di rifiuti speciali assimilati (secondo la vecchia definizione)
  • altri soggetti tenuti in base alle vigenti normative settoriali al ritiro di specifiche tipologie di rifiuti dalle utenze domestiche (il rifiuto d’obbligo per questa categoria di soggetti è rappresentata dai distributori di AEE secondo gli obblighi di cui al DM 65 del 8 Marzo 2010)

Il regolamento comunale abilita il CDR al raggruppamento dei rifiuti provenienti dalle utenze domestiche e non domestiche per il successivo trasporto agli impianti di recupero e trattamento. Il trasporto agli impianti di destino è da effettuarsi tenendo conto che il deposito, per ogni frazione merceologica non deve superare i tre mesi, tranne nel caso della frazione organica umida per la quale il tempo massimo di deposito è di 72 ore.

Il comune territorialmente competente verifica la rispondenza del progetto del CDR alle disposizioni normative dell’allegato I al DM 8 Aprile 2008 e ne valuta la conformità con la normativa urbanistica e edilizia. La realizzazione del CDR non richiede alcun titolo abilitativo, in quanto non classificabile come impianto di recupero/smaltimento dei rifiuti (quindi nei CDR non è possibile svolgere alcuna attività sui rifiuti ad eccezione del raggruppamento degli stessi. Eventuali attività di cernita, selezione, smontaggio ecc… ricordiamo che devono essere autorizzate).

L’attività descritta nel quesito, il raggruppamento di rifiuti provenienti da altri centri di raccolta, potrebbe configurarsi, secondo il Ministero, come un ampliamento delle attività rispetto a quanto descritto all’art. 2 comma 1 del DM 8 Aprile 2008. Infatti, secondo il MASE, ciò comporterebbe che:

  • il CDR accoglierebbe i rifiuti provenienti da soggetti diversi da quelli previsti
  • il limite temporale del deposito dovrebbe tenere in considerazione i maggiori volumi e le tipologie di rifiuti conferiti da altri centri di raccolta, quindi presupposti differenti rispetto alle valutazioni iniziali
  • i requisiti tecnico-gestionali previsti potrebbero non essere più adeguati rispetto alle attività svolge nel centro
  • la tracciabilità (che ricordiamo essere fondamentale per una corretta gestione dei rifiuti) verrebbe compromessa.

L’attività rappresentata nell’istanza di interpello, discostandosi dalle disposizioni del DM 8 Aprile 2008, seppur rientrando nell’ambito della raccolta di cui all’art. 183 comma 1 lett. o) del D.Lgs. 152/2006, si configura pertanto come trasferimento e stazionamento di rifiuti, conseguentemente soggetta a regolamentazione e autorizzazione della Regione o dell’autorità ad essa delegata, secondo quanto disposto dall’art. 196, comma 1 lett. b).

Il MASE precisa inoltre che la realizzazione/gestione sul territorio dei centri di raccolta è oggetto di pianificazione locale e che, nell’integrarsi al sistema di gestione dei rifiuti, deve tener conto dei flussi dei rifiuti prodotti, dell’accessibilità da parte dell’utenza e dei mezzi utili al ritiro e al successivo trasporto agli impianti di trattamento e recupero. Inoltre, l’individuazione delle tipologie di rifiuti conferibili nel singolo centro di raccolta deve essere svolta a seguito di una specifica analisi che, valutando i benefici economici e ambientali, tenga conto degli effettivi bisogni del territorio (ad es. previsione quantità di rifiuti raccolti), anche in relazione alla presenza di altre strutture con le medesime caratteristiche.

Sulla base di quanto indicato dal MASE quindi, la gestione di Centri di Raccolta che possano accogliere rifiuti provenienti da altri comuni, così come descritto nel quesito di interpello, richiede una analisi di base attenta e molto più ampia di quella necessaria per un singolo CDR a servizio di un singolo comune ed inoltre, è necessario richiedere specifica autorizzazione.

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Ambiente&Rifiuti – Consulenza Tecnica per la Gestione dei rifiuti

Interpello MASE: luogo di custodia del registro e sanzioni

Il Ministero dell’Ambiente e della Transizione Energetica ha fornito riscontro alla richiesta di interpello della Provincia di Macerata, sulla richiesta di chiarimenti sulla corretta interpretazione della disposizione normativa di cui all’art. 258 del D.Lgs. 152/2006 ai fini sanzionatori in relazione alla mancata osservazione degli obblighi di conservazione del registro di carico e scarico rifiuti di cui all’art. 190 del D.Lgs. 152/2006.

Secondo quanto riportato nella richiesta di interpello, esiste un orientamento giurisprudenziale consolidato (Cass. Civ., sez. III, 20.09.2013, n. 21648) che sostiene come la conservazione del registro di carico e scarico dei rifiuti in un luogo diverso da quello previsto dall’articolo 190, comma 10, del D.lgs. 152/2006 costituisca una violazione dell’obbligo di tenuta del registro. Tuttavia, un orientamento giurisprudenziale più recente (Cass. Pen., sez. III, 24.02.2017, n. 9132) afferma che la tenuta dei registri presso uno studio professionale non può comportare l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 258, comma 2, del D.lgs. 152/2006. Secondo questa interpretazione, l’omessa tenuta dei registri si riferisce esclusivamente alla loro mancata compilazione, indipendentemente dal luogo in cui sono conservati.

La Provincia di Macerata ritiene che, alla luce di questa recente pronuncia della Suprema Corte, l’obbligo di tenere i registri di carico e scarico presso ogni impianto di produzione, stoccaggio, recupero e smaltimento, sebbene previsto direttamente dall’articolo 190 del D.lgs. 152/2006, possa essere considerato una norma giuridica imperfetta. Questa interpretazione porterebbe a una situazione in cui una condotta, pur vietata, non integra gli estremi di alcun illecito amministrativo o penale, rendendo vano il precetto di legge. Pertanto, la Provincia di Macerata chiede un univoco indirizzo interpretativo per garantire l’esatta applicazione di questa normativa.

Questi i riferimenti normativi indicati dal richiedente:

Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in particolare:

  • 190, comma 1: “Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi e i sistemi riconosciuti, istituiti per il recupero e riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti, nonché’ le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), ha l’obbligo di tenere un registro cronologico di carico e scarico, in cui sono indicati per ogni tipologia di rifiuto la quantità prodotta, la natura e l’origine di tali rifiuti e la quantità dei prodotti e materiali ottenuti dalle operazioni di trattamento quali preparazione per riutilizzo, riciclaggio e altre operazioni di recupero nonché’, laddove previsto, gli estremi del formulario di identificazione di cui all’articolo 193”;
  • 190, comma 10: “I registri sono tenuti, o resi accessibili, presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, ovvero per le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto e per i commercianti e gli intermediari, presso la sede operativa. I registri, integrati con i formulari di cui all’articolo 193 relativi al trasporto dei rifiuti, sono conservati per tre anni dalla data dell’ultima registrazione. I registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica devono essere conservati a tempo indeterminato e consegnati all’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione, alla chiusura dell’impianto. I registri relativi agli impianti dismessi o non presidiati possono essere tenuti presso la sede legale del soggetto che gestisce l’impianto”;
  • 258, comma 2: “Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all’articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemila a diecimila euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila euro a trentamila euro, nonché’ nei casi più gravi, la sanzione amministrativa accessoria facoltativa della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore”.

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha fornito alcune considerazioni in merito all’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti, disciplinato dall’articolo 190 del D.lgs. 152/2006, nonché alle sanzioni amministrative previste dall’articolo 258, comma 2, del medesimo decreto.

L’articolo 190, comma 1, del D.lgs. 152/2006 stabilisce l’obbligo generale di tenere un registro cronologico di carico e scarico dei rifiuti per i soggetti individuati dalla norma. Successivamente, il comma 10 del medesimo articolo dispone che i registri devono essere tenuti, o resi accessibili, presso ogni impianto di produzione, stoccaggio, recupero e smaltimento di rifiuti, nonché presso la sede operativa delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto e dei commercianti e intermediari. Inoltre, i registri relativi agli impianti dismessi o non presidiati possono essere conservati presso la sede legale del gestore dell’impianto.

L’articolo 258, comma 2, del D.lgs. 152/2006 prevede specifiche sanzioni amministrative pecuniarie per chiunque ometta di tenere o tenga in modo incompleto il registro di carico e scarico. La norma richiede che il registro sia conservato nei luoghi indicati dall’articolo 190, comma 10, al fine di consentire un immediato e efficace controllo sulla correttezza delle annotazioni effettuate. Infatti, solo la presenza del registro presso l’impianto può permettere agli organi di controllo di verificare la regolare tenuta del registro.

Luoghi di tenuta del registro di carico e scarico:

  • Impianto di produzione
  • Impianto di stoccaggio
  • Impianto di recupero e/o smaltimento
  • Sede operativa delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto
  • Sede operativa dei commercianti e degli intermediari

I registri relativi a impianti dismessi o non presidiati possono essere tenuti anche presso la sede legale del gestore dell’impianto.

Pertanto, se i registri vengono conservati in luoghi diversi da quelli indicati dalla normativa, si configurerebbe una tenuta irregolare e incompleta del registro, non conforme alla normativa vigente. Di conseguenza, tale condotta potrebbe essere rilevante ai fini delle sanzioni amministrative previste dall’articolo 258, comma 2, del D.lgs. 152/2006.

È importante sottolineare che le considerazioni sopra riportate sono state fornite dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica nel rispetto delle condizioni e dei termini previsti dall’articolo 3-septies del D.lgs. 152/2006. Si precisa inoltre che tali considerazioni sono valide e pertinenti in relazione al quesito formulato, senza riferimenti specifici a procedure o procedimenti giurisdizionali in corso o in evoluzione.

Riscontro interpello MASE registro c/ rifiuti

Ambiente&Rifiuti – Consulenza Tecnica per la Gestione dei Rifiuti

Trasporto rifiuti: Il Produttore deve verificare la targa del mezzo

Come ben sappiamo, il Produttore dei rifiuti è il primo attore della filiera di gestione dei rifiuti e su di esso ricadono diversi obblighi e responsabilità che è importante imparare a conoscere per difendersi da errori e sanzioni.

La gestione dei rifiuti è basata, sostanzialmente, su un sistema di controlli ridondanti che se posti correttamente in essere garantiscono un efficiente funzionamento dell’intera filiera, ma alcuni controlli sono tipici di un solo soggetto della filiera.

Tra li obblighi che gravano sul Produttore, ricordiamo esserci: la classificazione dei rifiuti, la corretta gestione del deposito temporaneo, la corretta tenuta delle scritture ambientali, la verifica delle autorizzazioni degli operatori ai quali affida i propri rifiuti ecc…

Il processo di verifica delle autorizzazioni dei trasportatori può essere articolato in due fasi operative. La prima prevede che il Produttore si accerti, preferibilmente all’atto della sottoscrizione del contratto, che l’operatore sia effettivamente iscritto all’Albo Nazionale Gestori Ambientali per il codice EER specifico del rifiuto che deve essere trasportato e la seconda fase riguarda la verifica della targa del mezzo che prende in carico i rifiuti per trasportarli presso l’impianto di recupero/smaltimento autorizzato.

Ai fini della esecuzione di un corretto trasporto di rifiuti dalla sede del Produttore all’impianto di destino, l’impresa che effettua tale attività deve essere obbligatoriamente iscritta all’Albo Nazionale Gestori Ambientali nella pertinente categoria.

Ricordiamo che: la verifica dell’iscrizione all’Albo del trasportatore non deve essere effettuata a valle dell’esecuzione del trasporto. Se l’impresa di trasporto non fosse autorizzata al trasporto rifiuti si configurerebbe un trasporto in difetto di autorizzazione che è sanzionabile. Come già anticipato, è opportuno che la verifica sia effettuata all’atto della individuazione del trasportatore o all’atto della sottoscrizione del contratto avendo cura di verificare estremi di iscrizione e validità dell’iscrizione stessa affinché copra il periodo di trasporto.

Per quanto riguarda la verifica delle targhe dei mezzi (compresi i rimorchi) in disponibilità del trasportatore, la necessità di procedere ad una verifica di dettaglio, prima che il trasporto abbia inizio è dettata dall’aver certezza, per il Produttore, che la targa del mezzo che prenderà in carico i rifiuti sia effettivamente iscritta all’Albo e che sia autorizzata al trasporto dello specifico codice EER.

Non è assolutamente vera l’affermazione secondo la quale tutte le targhe in disponibilità del trasportatore siano autorizzate per gli stessi codici CER in quanto ogni mezzo potrebbe avere caratteristiche particolari per le quali alcuni codici CER non sono necessari, per l’impresa, o non è possibile trasportarli.

I motivi per i quali una targa possa non essere iscritta all’Albo all’atto del ritiro dei rifiuti presso la sede del Produttore possono essere diversi (ne riportiamo alcuni):

  • All’atto della richiesta di inserimento della targa in autorizzazione, chi ha compilato l’istanza ha dimenticato di allegare l’atto notorio sottoscritto dal legale rappresentante dell’impresa e quindi tale targa non potrà essere utilizzata fino al rilascio dell’apposito provvedimento che, ricordiamo, non è immediato;
  • Chi ha disposto l’uso di una nuova targa per le attività operative potrebbe non essere al corrente che l’istanza non sia ancora stata depositata;
  • La targa è stata rimossa dall’iscrizione all’Albo per diversi motivi (ad esempio scadenza del titolo di disponibilità della stessa).

Come si può osservare quindi, il principio di controllo reciproco che grava su tutti i soggetti della filiera assume una importanza rilevante in quanto, sebbene gli operatori professionali siano già abituati a verificare la validità delle autorizzazioni dei soggetti che precedono o seguono nella filiera, la verifica della targa deve essere effettuata nel momento in cui il trasportatore sta prendendo in carico il rifiuto e non può essere demandata ad una fase successiva. Nella pratica, il controllo deve svolgersi prima di apporre la firma sul formulario.

Alla luce di ciò è importante prendere in considerazione la recente sentenza del 30 Marzo 2023 n. 13310 della Corte di Cassazione che pone in evidenza l’obbligo, per il Produttore, di verificare che la targa del mezzo al quale sta affidando i propri rifiuti sia effettivamente autorizzata.

I supremi giudici affermano che, nel caso in cui il trasporto avvenga mediante ausilio di un mezzo non iscritto all’Albo (attenzione: l’impresa era iscritta all’Albo), la responsabilità per gestione illecita di rifiuti a carico della società conferente è presente.

Da un punto di vista operativo, la verifica può essere effettuata:

  • richiedendo al conducente copia del provvedimento di iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali oppure
  • tramite accesso al portale albonazionalegestoriambientali.it che permette una verifica in tempo reale dello stato di iscrizione dell’impresa

Dedicare qualche minuto alla verifica delle autorizzazioni permette di ridurre al minimo potenziali errori e sanzioni.

Infatti, l’omissione di tale verifica, nel caso in cui si impieghi una targa non iscritta all’albo configura una problema di responsabilità per gestione illecita dei rifiuti a carico del Produttore in quanto, sebbene l’impresa sia formalmente iscritta, di fatto la targa specifica non lo è.

L’omissione di questo controllo non è contemplato dalla norma visto che, con l’art. 193 comma 4 indica chiaramente che il formulario è compilato, datato e firmato dal produttore o detentore e sottoscritto altresì dal trasportatore. Ma il comma 17 è ancora più esplicito:

Nella compilazione del formulario di identificazione, ogni operatore è responsabile delle informazioni inserite e sottoscritte nella parte di propria competenza. Il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nel formulario di identificazione dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili in base alla comune diligenza.

Considerando la generalità della norma appare chiaro che il Produttore ha un ruolo fondamentale nella gestione dei rifiuti ed in particolare nella fase in cui sta affidando i propri rifiuti al trasportatore.

Pertanto, prima di apporre la propria firma sul formulario è buona abitudine (ed obbligo normativo) verificare che tutti i dati siano effettivamente corretti, dalla ragione sociale del produttore alla targa del mezzo di trasporto che effettuerà la movimentazione fino alla data e ora di inizio trasporto.

 

Ambiente&Rifiuti – Consulenza Tecnica per la Gestione dei Rifiuti

RAEE – I nuovi Raggruppamenti in vigore dal 5 Maggio

[AGGIORNAMENTO del 15/05/2023]

Comunicato del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica:

Con decreto 20 febbraio 2023, n. 40 è stato adottato il “Regolamento recante l’aggiornamento dei raggruppamenti di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche indicati nell’Allegato 1 del decreto 25 settembre 2007, n. 185″. Il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 93 del 20 aprile 2023. 

Si segnala un refuso nell’Allegato 1 al citato decreto: il “Raggruppamento 2″ include erroneamente il paragrafo “4.5 apparecchiature di grandi dimensioni diverse da quelle elencate nel paragrafo 4 dell’allegato IV del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49.”. Si tratta di un refuso, in quanto il medesimo paragrafo è riportato correttamente anche nel “Raggruppamento 4”.

La Direzione generale competente sta avviando la procedura finalizzata alla rettifica del refuso sopra evidenziato.

Link: https://www.mase.gov.it/notizie/decreto-raggruppamenti-raee

[fine aggiornamento – la tabella indicata nell’articolo è aggiornata]

L’evoluzione tecnologica ci ha abituati a gestire sempre più nuove forme di rifiuti e di pari passo all’evoluzione scientifica è necessario che la normativa si adatti e si evolva conseguentemente.

In tal senso le disposizioni normative sui RAEE fanno un passo avanti e dal 5 Maggio 2023 entrerà il DM Ambiente n.40 del 20 Febbraio 2023 che introduce i nuovi raggruppamenti RAEE che devono essere effettuati dai centri di raccolta, di cui all’articolo 4, comma 1 lettera mm) del D.Lgs. 49/2014.

Il regolamento DM 40/23 sostituisce a tutti gli effetti l’allegato I del DM 185/2007 in risposta alla necessità di adeguamento, risalente al 15 Agosto 2018 che, come ricordiamo, ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs. 49/2014, ampliava il campo di applicazione della disciplina RAEE a tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche avviando la fase Open Scope.

Il DM stabilisce che i rifiuti derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche sono conferiti nei centri di raccolta ed ivi raggruppati come nella tabelle riportate qui di seguito.

Inoltre viene stabilito che, indipendentemente dalle condizioni fisiche nelle quali i predetti rifiuti sono conferiti, agli stessi sono attribuiti i codici EER (codici CER dei rifiuti) dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.

Tabella recante i nuovi Raggruppamenti RAEE dei Centri di Raccolta

Raggruppamento 1 – Apparecchiature per lo scambio di temperatura con fluidi
Le apparecchiature indicate ai punti 1.1., 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 4.2. dell’allegato IV del D.Lgs. 46/2014 di seguito elencate:
1.1 Frigoriferi
1.2 Congelatori
1.3 Apparecchi che distribuiscono automaticamente prodotti freddi
1.4 Condizionatori, deumidificatori, pompe di calore
1.5 Radiatori ad olio
1.6 Altre apparecchiature per lo scambio di temperatura con fluidi diversi dall’acqua
4.2 Asciugatrici
Raggruppamento 2 – Altri Grandi Bianchi
Le apparecchiature indicate ai punti 4.1, 4.3, 4.4 dell’allegato IV del D.Lgs. 46/2014 di seguito elencate:
4.1 Lavatrici
4.3 Lavastoviglie
4.4 Apparecchi di cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche
Raggruppamento 3 – TV e Monitor
Gli schermi, i monitor e le apparecchiature dotate di schermi di superficie superiore a 100 cmq indicati al paragrafo 2 dell’allego IV del D.Lgs. 49/2014 di seguito elencati
2.1 Schermi
2.2 Televisori
2.3 Cornici digitali LCD
2.4 Monitor
2.5 Laptop, notebook
Raggruppamento 4 – IT e Consumer Electronics, apparecchi di illuminazione (privati delle sorgenti luminose), PED e altro
Le apparecchiature di grandi dimensioni elencate al paragrafo 4 dell’allegato IV del D.Lgs. 49/2014, tranne quelle rientranti nei raggruppamenti R1 e R2, le apparecchiature di piccole dimensioni elencate al paragrafo 5 e le piccole apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm) elencate al paragrafo 6 del D.Lgs. 49/2014, di seguito elencate
4.5 Lampadari
4.6 Apparecchiature pe riprodurre i suoni o immagini, apparecchiature musicali (esclusi gli organi a canne installati nelle chiese)
4.7 Macchine per cucire, macchine per maglieria
4.7 Mainframe
4.6 Grandi stampanti
4.9 Grandi copiatrici
4.10 Grandi macchine a gettoni
4.11 Grandi dispositivi medici
4.12 Grandi strumenti di monitoraggio e controllo
4.13 Grandi apparecchi che distribuzioni automaticamente prodotti e denaro
5.1 Aspirapolvere
5.2 Scope meccaniche
5.3 Macchine per cucire
5.4 Lampadari
5.5 Forni a microonde
5.6 Ventilatori elettrici
5.7 Ferri da stiro
5.8 Tostapane
5.9 Coltelli elettrici
5.10 Bollitori elettrici
5.11 Sveglie e orologi
5.12 Rasoi elettrici
5.13 Bilance
5.14 Apparecchi tagliacapelli e apparecchi per la cura del corpo
5.15 Calcolatrici
5.16 Apparecchi radio
5.17 Videocamere, videoregistratori
5.18 Apparecchi hi-fi, strumenti musicali, apparecchiature per riprodurre suoni o immagini
5.19 Giocattoli
5.20 Apparecchiature sportive, computer per ciclismo, immersioni subacquee, corsa, canottaggio, ecc..
5.21 Rilevatori di fumo, regolatori di calore, termostati, piccoli strumenti elettrici ed elettronici, piccoli dispositivi medici, piccoli strumenti di monitoraggio e controllo
5.22 Piccoli apparecchi che distribuiscono automaticamente prodotti
5.23 Piccole apparecchiature con pannelli fotovoltaici integrati
6.1 Telefoni cellulari
6.2 Navigatori satellitari (GPS)
6.3 Calcolatrici tascabili
6.4 Router
6.5 PC
6.6 Stampanti
6.7 Telefoni
Altre apparecchiature di grandi e piccole dimensioni, anche informatiche e per telecomunicazioni, non menzionate nei paragrafi 4, 5  e 6 dell’allegato IV del D.Lgs. 49/2014.
Raggruppamento 4- Sezione A “Pannelli Fotovoltaici”
I pannelli fotovoltaici indicati al punto del paragrafo 4 dell’allegato IV del D.Lgs. 49/2014
4.14 Pannelli fotovoltaici
Raggruppamento 5 – Sorgenti Luminose
Le apparecchiature elencate al paragrafo 3 dell’allego IV del D.Lgs. 49/2014 di seguito elencate
3.1 Tubi fluorescenti
3.2 Lampade fluorescenti compatte
3.3 Lampade fluorescenti
3.4 Lampade a scarica ad alta densità, comprese lampade a vapori di sodio ad alta pressione e lampade ad alogenuro metallico, lampade a vapori di sodio a bassa pressione
3.5 LED

Decreto 20 febbraio 2023 n. 40 Nuovi raggruppamenti RAEE

 

Ambiente&Rifiuti  – Consulenza Tecnica per la Gestione dei rifiuti

Risposta MASE ad interpello su rifiuti tessili e raccolta volontaria

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, con la risposta all’interpello avente ad oggetto: “Istanza di interpello in materia ambientale ai sensi dell’art. 3-septies D.Lgs. 152/2006 – applicabilità dell’articolo 185-bis del D.Lgs. 152/2006 per i rifiuti tessili”, ha definito la strada che percorreremo nel prossimo futuro in relazione alla gestione di questa tipologia di rifiuti ed ha posto alcuni paletti interessanti che delimitano il perimetro d’azione della raccolta in attesa che venga emanato l’apposito decreto.

In particolare, il quesito, posto da Confindustria, richiedeva al Ministero di dare un proprio parere in merito a:

  • Fornire conferma in merito alla possibilità da parte dei consorzi istituiti su base volontaria, che si propongono di organizzare e finanziare attività di raccolta differenziata e avvio a recupero di rifiuti tessili, di intraprendere iniziative di raccolta della medesima tipologia di rifiuti presso i punti vendita, ai sensi dell’art. 185-bis del D.Lgs. 152/2006 al fine di avviarli prioritariamente ad operazioni di riciclaggio e recupero, nel rispetto della normativa vigente;
  • Specificare le eventuali condizioni per svolgere questa attività.

Il Ministero ha concluso, nel proprio parere, che allo stato attuale non è stato definito un contesto normativo definito sebbene per i regimi di responsabilità estesa dei Produttori del settore tessile, con particolare riferimento abbigliamento, calzature, accessori, pelletteria e prodotti tessili per la casa, l’istruttoria sia in fase avanzata.

In relazione alla possibilità per i distributori, così come accade per il settore della distribuzione AEE, di provvedere ad effettuare un deposito temporaneo prima della raccolta presso i propri punti vendita, questa è strettamente legata alla esistenza di un regime di responsabilità estesa della filiera stessa.

Da ciò quindi ne discende, sintetizzando il parere del Ministero, che le campagne di raccolta differenziata di prodotti tessili e di moda a fine vita, potranno essere intraprese da parte dei consorzi istituiti su base volontaria, solo a partire dall’entrata in vigore del decreto che istituirà la responsabilità estesa del produttore nel settore del tessile.

Link al parere del Ministero dell’Ambiente e della Transizione Ecologica

Ambiente&Rifiuti – Consulenza tecnica per la gestione dei rifiuti

MUD 2023 – pubblicato il decreto e slittano i termini

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 59 del 10/03/2023 del DPCM del 3 Febbraio 2023 viene ufficializzato il nuovo modello da utilizzarsi per la dichiarazione MUD del 2023, riferita alla gestione rifiuti del 2022.

Come era ormai ben noto, la pubblicazione tardiva e la sostituzione del modello MUD utilizzato l’anno scorso con quello più recente riportato dal DPCM 2023, comporta lo slittamento del termine ultimo per la consegna che passa dal 30 Aprile al 8 Luglio 2023 (120 giorni  dalla data di pubblicazione del decreto).

Anche se l’articolo 2 recita che “il modello di cui al presente decreto sarà utilizzato per le dichiarazioni da presentare entro il 30 Aprile di ogni anno con riferimento all’anno precedente, come disposto dalla legge 25 Gennaio 1994 n.70, aldilà del “pasticcio” normativo che si è venuto a creare nei giorni scorsi, non dovrebbero essere dubbi sulla scadenza indicata al paragrafo precedente.

 

Di seguito il link al documento normativo DPCM 3/02/23

 

MUD: soggetti obbligati all’invio

La Legge 70/1994 prevede che tutti gIi obblighi di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia, di notificazione, siano soddisfatti attraverso Ia presentazione di un ModeIIo Unico di Dichiarazione ambientaIe MUD, aIIa Camera di commercio, Industria e Artigianato e Agricoltura territorialmente competente per l’unità locale dichiarante.

I soggetti che svoIgono attività di soIo trasporto e gIi intermediari senza detenzione devono invece presentare iI MUD aIIa Camera di commercio deIIa provincia neI cui territorio ha sede Ia Sede IegaIe deII’impresa cui Ia dichiarazione si riferisce.

Deve essere presentato un MUD per ogni unità IocaIe che sia obbIigata, daIIe norme vigenti, aIIa presentazione di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia, di notificazione.

I soggetti obbligati aIIa presentazione deI MUD sono:

  • Chiunque effettua a titolo professionaIe attività di raccoIta e trasporto di rifiuti
  • Commercianti ed intermediari di rifiuti senza detenzione
  • Imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti
  • Imprese ed enti produttori iniziaIi di rifiuti pericoIosi
  • Imprese ed enti produttori iniziaIi di rifiuti non pericoIosi di cui aII’articoIo 184 comma 3 Iettere c), d) e g) deI D.Igs.152/2006che hanno più di dieci dipendenti.
  • i Consorzi e i sistemi riconosciuti, istituiti per iI recupero e riciclaggio di particoIari tipoIogie di rifiuti, ad escIusione dei Consorzi e sistemi istituiti per iI recupero e ricicIaggio dei rifiuti di imbaIIaggio che sono tenuti aIIa compiIazione deIIa Comunicazione ImbaIIaggi.
  • I gestori deI servizio pubbIico di raccoIta, deI circuito organizzato di raccoIta di cui aII’articoIo 183 comma 1 Iettera pp) deI D.Igs. 152/2006, con riferimento ai rifiuti conferitigIi dai produttori di rifiuti speciaIi, ai sensi deII’articoIo 189, comma 4, deI D.Igs. 152/2006.

 

Tipologie di comunicazione

IL MUD 2023 si compone di 6 distinte comunicazioni, ossia:

  1. Comunicazione Rifiuti
  2. Comunicazione Veicoli Fuori Uso
  3. Comunicazione Imballaggi, composta dalla Sezione Consorzi e dalla Sezione Gestori Rifiuti di imballaggio
  4. Comunicazione Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)
  5. Comunicazione Rifiuti Urbani, assimilati e raccolti in convenzione
  6. Comunicazione Produttori di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (AEE)

Il modello è da presentarsi con riferimento a ciascuna unità locale dell’impresa. Ogni soggetto è tenuto a verificare a quali e quanti comunicazioni fare.

Ricordiamo che, come già avvenuto l’anno scorso, per la Comunicazione rifiuti urbani, e raccolti in convenzione, i soggetti obbligati sono individuati dall’art. 189 comma 5 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.

Rientrano neIIa definizione di rifiuto urbano, ai sensi deII’articoIo 183, comma 1, Iettera b) ter punto 2), i rifiuti indifferenziati e da raccoIta differenziata provenienti da aItre fonti e che sono simiIi per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati neII’aIIegato L-quater prodotti daIIe attività riportate neII’aIIegato L-quinquies. Sono tenuti aIIa presentazione di questa sezione anche i soggetti di cui aI comma 3 deI medesimo articoIo 189, che raccoIgono Ie tipoIogie di rifiuti individuate daII’articoIo 183, comma 1, Iettera b ter), punto 2, presso Ie utenze non domestiche che si avvaIgono di quanto disposto daII’articoIo 198, comma 2-bis, Iimitatamente a taIi tipoIogie.

 I soggetti che raccoIgono Ie tipoIogie di rifiuti individuate daII’articoIo 183, comma 1, Iettera b ter), punto 2, presso Ie utenze non domestiche che si avvaIgono di quanto disposto daII’articoIo 198, comma 2-bis, Iimitatamente a taIi tipoIogie comunicano annuaImente, secondo Ie modaIità previste daIIa Iegge 25 gennaio 1994, n. 70, Ie seguenti informazioni reIative aII’anno precedente:

a) Ie quantità di rifiuti raccolti presso Ie utenze non domestiche;

b) i soggetti che hanno provveduto aIIa gestione dei rifiuti, specificando Ie operazioni svoIte, Ie tipoIogie e Ia quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno;

c) I’eIenco delle utenze non domestiche presso cui sono stati raccoIti i rifiuti.

 

Costi per la presentazione del MUD 2023

La presentazione del MUD prevede il versamento di un diritto di segreteria.

  • 10,00 euro, per la comunicazione telematica per ogni unità locale per la quale viene presentata la dichiarazione
  • 15,00 euro per la comunicazione MUD in versione semplificata

 

Sanzioni

Sono previste sanzioni per la presentazione in ritardo della dichiarazione o per mancata dichiarazione o per errata comunicazione.

La presentazione entro il sessantesimo giorno dalla scadenza comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da 26,00 € a 160,00 e.

La presentazione oltre il sessantesimo giorno dalla scadenza comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000,00 € a 10.000,00 €

 

Ambiente&Rifiuti – Consulenza Tecnica per la gestione dei rifiuti

Circolare 1/2023 Albo Nazionale Gestori Ambientali – Rifiuti da manutenzione aree verdi

Con la circolare 1 del 14/02/2023 l’Albo Nazionale Gestori Ambientali ha chiarito che le imprese che svolgono attività di sfalcio e potatura presso aree verdi pubbliche o private, ma adibite ad uso pubblico, per le attività di raccolta e trasporto di tali rifiuti, anche se classificati come urbani, la categoria di iscrizione è la 2-bis.

La condizione essenziale, affinché l’impresa possa essere iscritta in categoria 2-bis, è che l’impresa che effettua l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti sia lo stesso soggetto che ha l’appalto o la concessione per la manutenzione del verde e che ha quindi prodotto tali rifiuti dalle proprie attività.

Al seguente link è possibile scaricare la circolare 177-Circ1_14.02.2023

Parere del Consiglio di Stato sul decreto RENTRI

E’ stato pubblicato il Parere consultivo n. 2058 del 22 Dicembre 2022 da parte del Consiglio di Stato che, in data 20 Dicembre 2022, si è riunito per esprimere il proprio parere sullo schema di regolamento: “Disciplina del sistema di tracciabilità dei rifiuti e del registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti ai sensi dell’art. 188-bis del D.Lgs. 152/2006”.

Il parere è nel suo complesso positivo e favorevole all’implementazione del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti anche se, come viene spesso sottolineato nel documento, la complessità della realizzazione ed avvio del RENTRI richiede un impegno economico che nella bozza di decreto non viene preso in considerazione (art. 24 comma 2 “Dall’attuazione del presente regolamento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”). Si fa anche osservare che tale impegno di spesa era già previsto all’art. 6 comma 3-quater del D.L. 135 del 2018. Il CdS rileva anche l’assenza di riferimenti temporali specifici entro i quali il Ministero deve provvedere alla emanazione dei decreti operativi che permetteranno, in tempi certi, l’implementazione completa ed avvio del RENTRI stesso. Ovvero si rileva che la reale possibilità di entrata in funzione del nuovo sistema è subordinata in realtà alla generica previsione di cui all’art.21 – Modalità operative (della bozza di decreto) che demanda a futuri decreti direttoriali  – senza la previsione di termini di adozione, la definizione e concreta e specifica di questo nuovo sistema (modalità operativa per assicurare la trasmissione dei dati al RENTRI ed il suo funzionamento; istruzioni per l’accesso e l’iscrizione da parte degli operatori; requisiti informatici per garantire l’interoperabilità del RENTRI con i sistemi adottati dagli operatori modalità di compilazione dei modelli di cui agli articoli 4 e 5 per i servizi di consultazione da parte delle amministrazioni interessate; manuali e guide sintetiche a supporto degli operatori e degli utenti; modalità di funzionamento degli strumenti di supporto di cui all’articolo 20.

Altra osservazione, che chi scrive ritiene sia fondamentale, è la necessità, che ormai sembra essere confermata, per le imprese che dovranno iscriversi al RENTRI di doversi dotare di apposito software per la trasmissione dei dati al RENTRI ed i conseguenti adempimenti. Il Consiglio di Stato ha stimato un costo a carico degli iscritti che si aggira tra i 600 € ed i 1000 € oltre ai costi di iscrizione al RENTRI. Tale aspetto è importante da tenere in considerazione dato che, il RENTRI come il SISTRI, non si definisce un gestionale per la gestione dei rifiuti, e pertanto non potrà essere utilizzato in modo diretto dagli utenti.  Se da un lato quindi si rilevano dei benefici, per le imprese del settore, grazie alla dematerializzazione di alcuni adempimenti, semplificazione e snellimento delle procedure e certezza delle norme, d’altro canto occorre considerare che si introducono nuovi oneri, informativi (iscrizione al RENTRI, nuova modulistica, tenuta e trasmissione al RENTRI in formato digitale dei dati dei registri cronologici di carico e scarico del formulario di identificazione) ed economici.

Tra le altre osservazioni degne di nota ritroviamo l’aver sottolineato, da parte del Consiglio di Stato, le definizioni di sede legale e dipendenti, che ritroviamo all’art. 3 dello schema di decreto. Il CdS sottolinea che deve essere evitato, in sede regolamentare, l’introduzione di termini e concetti giuridici generali, che trovano la loro compiuta definizione nelle pertinenti norme primarie.

Inoltre il Consiglio di Stato fa osservare all’Amministrazione la necessità di acquisire la bollinatura della Ragioneria Generale dello Stato allo scopo di certificare la coerenza e la solidità economico-finanziaria dell’impianto normativo che viene proposto.

Nelle 23 pagine che compongono il parere conclusivo, che vi invitiamo a leggere, il RENTRI, nella sua idea di infrastruttura informatica imperniata sulla dematerializzazione del registro cronologico e del formulario e sull’utilizzo di strumenti atti a garantire al meglio la piena tracciabilità dei rifiuti, viene considerato favorevole, anche nella misura del periodo transitorio che permetterà al sistema stesso di entrare in vigore (a differenza di quanto avvenne con il SISTRI).

Sicuramente vi sono ancora alcuni aspetti che richiederanno un approfondimento ed alcune parti del decreto stesso che dovranno essere migliorate sotto un profilo giuridico e tecnico evitando così il rischio di confusione da parte delle imprese che dovranno adempiere agli obblighi di iscrizione ed utilizzo del sistema. Ciononostante le basi sulle quali il RENTRI viene innestato sembrano essere più solide del suo predecessore ed auspichiamo che anche quelle incongruenze e quelle perplessità che sono emerse leggendo la bozza del decreto siano, nella fase finale, risolte.

Parere_Consiglio_di_stato_02058_22_RENTRI

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Nota esplicativa Ministero dei Trasporti U0040141 del 21/12/2022 – Obbligo nomina Consulente ADR

Nelle ultime settimane si è discusso tanto sulla questione relativa all’obbligo di nomina del consulente ADR per tutti quei soggetti che, con la fine del periodo transitorio di cui al capitolo 1.6.1.44, dal 1 ° Gennaio 2023 di fatto si troverebbero nella condizione di non poter più usufruire delle esenzioni previste dal Regolamento ADR.

Sulla questione si è scritto tanto, si è discusso tanto e molte sono state le richieste inviate al Ministero delle  Infrastrutture e dei Trasporti da parte di tutti i soggetti coinvolti al fine di ricevere chiarimenti in merito.

Ieri, 21 Dicembre 2022, Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha rilasciato la nota esplicativa n. 40141, dove viene “chiarito” che in Italia (si badi bene che questa circolare delimita il perimetro di azione di quanto verrà successivamente scritto al solo territorio italiano), le esenzioni disciplinate dal decreto ministeriale 4 Luglio 2000 e chiarite dalla relativa circolare del 14 Novembre 2000 n. A26 (nel frattempo son passati più di 20 anni), applicabili per i caricatori e trasportatori, si applicano anche agli speditori che si trovano nelle medesime condizioni operative.

Pertanto, stando a quanto riportato nella nota, per gli speditori non sussiste l’obbligo di nominare un consulente ADR se si verificano le seguenti condizioni:

  • Le attività di spedizione riguardano quantitativi, per ogni unità di trasporto, che non superano i limiti definiti al punto 1.1.3.6 e al punto 1.7.1.4 come pure i capitoli 3.3, 3.4 o 3.5 (punto 1.8.3.2, lettera a), dell’accordo ADR);
  • Nel caso in cui le aziende non effettuano, a titolo di attività principale o accessoria, trasporti di merci pericolose od operazioni d’imballaggio, di riempimento, di carico o scarico connesse a tali trasporti, ma che effettuano occasionalmente trasporti nazionali di merci pericolose, o operazioni d’imballaggio, di riempimento, di carico o scarico connesse a tali trasporti che presentano un grado di pericolosità o un rischio di inquinamento minimi (merci o rifiuti di categoria di trasporto 3 o 4).

Anche nelle condizioni di non obbligatorietà dalla nomina del consulente per la sicurezza dei trasporti di merci pericolose su strada (ricordiamo che rientrano anche alcune tipologie di rifiuti, quali batterie al piombo o al litio), rimane comunque l’obbligo per gli speditori di rispettare le prescrizioni sancite dall’Accordo ADR:

  • Rispetto dei limiti dei quantitativi massimi indicati nelle esenzioni;
  • Corretta classificazione dei rifiuti pericolosi spediti
  • Corretta compilazione del formulario di trasporto rifiuti
  • Corretto imballaggio ed etichettatura dei colli e in generale le modalità di trasporto dei rifiuti
  • Obbligo di formazione del personale

La responsabilità della corretta spedizione dei rifiuti in ADR è dello speditore e non del trasportatore o dell’impianto di recupero/smaltimento. E’ importante ricordare a chi sono attribuite le responsabilità nell’ambito della filiera.

Appare importante riportare anche quanto evidenziato da Flashpoint:

  1. L’esenzione dall’obbligo di nomina del Consulente per gli imballatori non è inclusa in nessun dispositivo di legge nazionale e non è stata fornita alcuna indicazione a riguardo;
  2. L’esenzione per “spedizioni” occasionali di cui all’art. 2 del DM 04/07/2020 estesa agli speditori non è aderente alle disposizioni dell’ADR 2021 e ADRE 2023 ed in particolare con la sottosezione 1.8.3.2 b) ADR che non prevede l’operazione di spedizione tra le attività esonerabili. A conferma di tale assunto, il Regno Unito ha presentato all’UNECE una proposta di modifica proprio dell’ 1.8.3.2 b) includendo il termine “spedizioni” (consignments) nell’edizione 2025 dell’Accordo ADR.

Come auspica Flashpoint stessa a questo link: https://www.linkedin.com/pulse/approfondimento-di-flashpoint-flashpointsrl/?trackingId=wV26k8hCE%2BsVQn7bpgG5Eg%3D%3D anche A&R auspica che il Ministero emani al più presto un decreto strutturato che chiarisca nel dettaglio la posizione di tutti gli attori coinvolti nel trasporto delle merci pericolose.

Appare infatti utile sottolineare anche il dibattito attualmente in corso in merito alla coincidenza della figura dell’intermediario di rifiuti senza detenzione con quella dello speditore che ha assunto forza nelle ultime settimane. Si ritiene possa essere utile a tal proposito che il Ministero di competenza fornisca dei chiarimenti in merito evitando le zone grigie che spesso si presentano in queste situazioni.

Ricordiamo infatti che non vi è una diretta correlazione tra le figure presenti nel settore della gestione dei rifiuti con quelle che vengono individuate dall’Accordo ADR.

Per le imprese che ricadono nelle situazioni di obbligo di nomina del consulente ADR, Ambiente&Rifiuti è a vostra disposizione per fornirvi tutto il supporto necessario agli adempimenti di legge.

Per le imprese che vogliono verificare la presenza o meno dell’obbligo di nomina in base alle attività che vengono svolte, vi invitiamo a contattarci per ricevere il supporto tecnico necessario dei nostri consulenti.

Nota esplicativa U40141 Ministero Trasporti

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Legge concorrenza e le modifiche sulla gestione dei rifiuti urbani da utenze non domestiche

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 188 del 12/08/2022 della legge 5 agosto 2022 n. 118 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza) viene apportata una importante modifica all’art. 238 del D.Lgs. 152/2006 in materia di gestione di rifiuti urbani.

Il comma 10 dell’art. 238 viene così modificato:

“Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all’art. 183 comma 1 lettera b-ter), numero 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità di rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a due anni”

Questa modifica quindi conduce ad una drastica riduzione dei 5 anni durante i quali le utenze non domestiche che decidono di avvalersi del mercato privato non hanno la possibilità di rientrare nel circuito pubblico senza il benestare del gestore di tale servizio.

D’altro canto è bene sottolineare che rispetto alla versione precedente del comma 10 dell’art. 238, viene meno ora la facoltà per il gestore del servizio pubblico di riammettere l’utenza non domestica nel proprio circuito prima della scadenza dei due anni.

Pertanto le utenze non domestiche dovranno valutare attentamente la propria scelta, sia essa di mercato pubblico o privato, su un orizzonte temporale di 2 anni.

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